1.3 Classificazione dei sismi e determinazione dei parametri caratteristici

Un terremoto è tanto più disastroso quanto maggiore è l’energia liberata
nell'ipocentro: la grandezza che caratterizza un sisma per quanto si riferisce
all'energia liberata è la magnitudo,
che è definita come descritto qui di seguito.

Servendosi
di sismografi di tipo unificato, posti a distanze diverse rispetto all'epicentro
del sisma, si possono ottenere le registrazioni del sisma in funzione del
tempo, ed in particolare la massima ampiezza di ciascuna registrazione.



Il sismografo standard è quello di Wood Anderson; esso è un sismografo di
torsione, che ha un periodo proprio non smorzato T=0.8 sec, smorzamento
riferito al critico z = 0.8
, fattore di amplificazione del segnale pari a 2800.



Se si riporta in funzione della distanza epicentrale D il logaritmo in base
dieci dell’ampiezza massima di ogni registrazione possiamo tracciare una curva,
ovviamente decrescente con la distanza D
, caratteristica del terremoto in esame.


Terremoti
tra loro diversi godono però della proprietà importante che le curve caratteristiche
relative sono tra loro parallele. Assumendo quindi una di queste come curva di
riferimento si può scrivere:

M1 = (log A1 - log A0) con D = cost

essendo A0 l’ampiezza del
terremoto di riferimento, ad una qualsiasi distanza epicentrale D
, A1 è l’ampiezza del
terremoto che si considera, M1
 la sua magnitudo.



Si assume come terremoto di riferimento quello che dà luogo ad un segnale con ampiezza
massima A=0.001 mm sul sismometro standard posto ad una distanza D = 100
 km dall'epicentro come
illustra la figura 1.3.1.



Per cui è evidente che per classificare la magnitudo in una zona non è necessario
tracciare le curve di attenuazione
del terremoto, ma basta un punto di registrazione e poi da grafici tipo quello
in fig. 1.3.1 si determina la magnitudo locale ML
.



Questa definizione della magnitudo dovuta a Richter è universalmente usata e sperimentalmente verificata almeno per terremoti con ipocentro profondo non oltre i 30 km e per distanze epicentrali non oltre 600 km. Per distanze superiori si hanno altre
scale di calcolo della magnitudo come quella telesismica (per distanze
epicentrali tra 600 e 2000 km) e quelle di Gutemberg (oltre 2000 km di distanza
epicentrale).



Inoltre si è visto che per terremoti di grande energia a 100 km dall'epicentro ci si trova
ancora in zona pienamente sismogenetica per cui si tiene conto di altre formule
quale la seguente:

ML = log (A/T) f (s,d)

dove T è il
periodo dell’onda di massima ampiezza, s caratteristica strumentale, d distanza
dall'epicentro.



Al crescere della magnitudo, l’indicazione del sismografo di Wood Anderson tende a dare
indicazioni errate in difetto. Infatti per forti magnitudo l’area di frattura
che dà origine alle onde sismiche è molto vasta. Le onde sismiche arrivano al
sismografo da punti fra loro lontani dell’area di frattura, in tempi molto
diversi e quindi i loro effetti non si sommano.



Poiché le magnitudo attese nel territorio italiano non superano il valore di circa M=7.5,
per la classificazione dei nostri sismi sembra sufficiente la metodologia di
misura classica di Richter.

Al crescere della magnitudo di un terremoto cresce la energia liberata e una relazione
proposta dai sismologi fornisce l’espressione seguente:

log W = 11.8 + 1.5 M

essendo M
la magnitudo e W l’energia liberata in ergs.

Altro modo di caratterizzare un sisma è di valutare i danni che il sisma produce in una determinata località, definendo cosi l’intensità sismica. La valutazione di tali danni
prodotti dal sisma presenta un’incertezza non trascurabile in relazione alla
variazione dei criteri di valutazione dei danni e delle tecniche costruttive
nei diversi paesi e nelle diverse epoche storiche.

Le scale di misura dell’intensità sono state introdotte a partire dal secolo scorso.



Nel 1883 De Rossi e Forel proponevano una scala di intensità sismica, adottata poi nel 1902
da Mercalli nello studio dei terremoti italiani. Mercalli propose anche una
propria scala di intensità successivamente modificata e conosciuta a partire
dal 1931 come scala Mercalli modificata,
composta di XII gradi di intensità e riportata nella tabella 1.3.1.

Richter, nel 1956 propose una versione corretta della scala Mercalli modificata introducendo
sostanzialmente quattro diverse classificazioni delle costruzioni in muratura
dal punto di vista della resistenza alle azioni sismiche. Le categorie sono
mostrate nella tabella 1.3.2.

Simile alla scala Mercalli modificata, nella revisione del 1956, è la scala macrosismica MKS del 1964 realizzata da Medvedev, Sponheuer e
Karnik, che classifica tutte le costruzioni non antisismiche in tre categorie,
classificando le percentuali quantitative e i gradi di danneggiamento delle
costruzioni.





La scala introdotta da Mercalli, già nel 1904 da Cancani, nel 1912 da Sieberg venne correlata
con una scala di accelerazioni massime del terreno. Essi inoltre introdussero
modifiche alla primitiva scala che è quindi talora indicata anche come scala Mercalli, Cancani, Sieberg.

Richter ha proposto una correlazione tra intensità e accelerazione massima del terreno,
basata su dati californiani, ed espressa dalla relazione seguente:

log ah = I(MM)/3 - 0.5

essendo I(MM) l’intensità della
scala MM e misurando l’accelerazione a in cm/sec. Nella tabella 3 sono
riportate le diverse scale di sismicità, confrontate fra di loro.



Altra correlazione utilizzata é quella proposta da Trifunac e Brandy (1975), di
seguito riportata:

log ah = 0.30 I(MM) + 0.014

Come si può osservare dalla tabella 1.3.3 a parità di intensità della scala MM, la scala di
accelerazioni proposta da Richter fornisce valori nettamente piu elevati
rispetto a quanto suggerito da Cancani e Sieberg in epoche in cui non erano
disponibili accelerogrammi sismici.